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Il fascino dell’imperfezione

La gelida perfezione delle “soluzioni da manuale” o la certezza del consenso con la replica del “già visto” non ci appassionano; la progettazione è un terreno disseminato di anomalie.

I richiami e le evocazioni di una necessaria bellezza ci appaiono tanto frequenti quanto banali. La bellezza, quando largamente riconosciuta, si confonde con la codifica.

Bello” non significa “affascinante” perché per affascinare non è sufficiente imbellettarsi. Affascina ciò che ci confonde, che ci priva momentaneamente di un equilibrio, che ci toglie certezze.

Il Mondo che chiede bellezza ha in cambio l’Architettura delle textures, la poca voglia di applicarsi ha prontamente in dotazione un algoritmo, la scarsa tendenza a sperimentare sguazza nella parametrizzazione delle superfici.

Esistono poi situazioni in cui l’Architettura picchia il naso contro la realtà delle istanze, dei problemi, degli obiettivi e qui si ritrova il senso di una disciplina, di un fermento che vive in bilico tra lo slancio artistico e l’applicazione tecnica.

L’Architettura (che si nutre di astrazione) non produce mai astrazione!

L’Architettura genera spazio e questo condiziona la vita.

Nell’immagine: un problema distributivo risolto con un piego parziale, il tutto presentato con una pessima fotografia

Lo spazio del “bello” conduce ad un’esistenza codificata?

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